Pubblichiamo articolo di Gaetano Masciullo, che ringraziamo per la gentile concessione, filosofo, autore, podcaster e collaboratore del gruppo editoriale italiano Fede & Cultura. Autore di “L’Ariete del modernismo” (2022) e “La Tiara e la Loggia” (2023), è impegnato anche nella divulgazione della filosofia e della teologia cattolica. Da gennaio 2024 è collaboratore di “Young Voices Europe”.
di Gaetano Masciullo – Sono ormai settimane che i contadini di tutta Europa protestano contro le politiche “verdi” dell’Europa, le quali, come sempre avviene quando lo Stato (o il super-Stato, come nel nostro caso) mette il becco in questioni produttive ed economiche dei privati, anziché risolvere il problema, lo aggrava.
Prezzi dei prodotti sempre più bassi a fronte di costi di produzione in continuo aumento, distribuzione ingiusta dei prodotti lungo la filiera, sindacati incapaci di tutelare gli interessi degli agricoltori, burocrazia e normativa europea complessa: questi sono solo alcuni dei punti principali che hanno spinto il mondo contadino a ribellarsi contro il Green Deal. Il “patto verde” dovrebbe rivoluzionare in senso ambientalista e “sostenibile”, come si suol dire oggi, l’industria e l’economia europea, ma a ben vedere rappresenta solo l’ennesimo tentativo di cambiare colore alla bandiera socialista.
Le proteste sono giunte in Italia e persino il Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, si è espresso a favore dei contadini: “Bisogna ascoltarli,” ha detto. “Deve esserci apertura al dialogo in vista della sostenibilità di medie e piccole aziende”.
I grandi privilegiati di queste politiche, in agricoltura come in altri ambiti, in effetti, sono sempre le grandi imprese affermate a livello multinazionale, che fagocitano e crescono con il benestare degli Stati ed anzi per essi vivono come in uno stato di simbiosi, di reciproco vantaggio. A rimetterci invece sono sempre le imprese più piccole, specialmente quelle a impronta familiare, che pure sono fondamentali per conservare una trama sociale che sia davvero libera.
Già Aristotele diceva che la classe sociale più diffusa e importante da tutelare dovrebbe essere quella degli agricoltori, degli allevatori e degli altri mestieri che “hanno a che fare con le necessità primarie della vita”: uno squilibrio di questa classe, tale da renderla minoritaria rispetto alle altre, è all’origine di tutti i mali sociali, fino a giungere al deterioramento dei regimi e – potremmo aggiungere – all’avvento dei totalitarismi. La vitalità delle singole famiglie è dunque il vero segreto del benessere economico della società.
Il Green Deal europeo, che dovrebbe proteggere l’ambiente dall’uomo, presenta il paradossale effetto di danneggiare l’uomo in rapporto all’ambiente, soprattutto quella fascia di popolazione che con la terra ha a che farci quotidianamente per il sostentamento proprio e altrui. Queste politiche, anziché favorire lo sviluppo tecnico-scientifico ed economico per trovare soluzioni davvero efficienti al problema dell’inquinamento o della desertificazione, pure reali, non fanno che ostacolarlo in favore di una più diffusa povertà.
Altro oggetto di contestazione è il PAC, ossia la Politica Agricola Comune, che impone stessi obblighi a realtà agricole molto diverse tra loro, e quindi non sempre sostenibili dalle aziende, tanto da rendere il mercato europeo meno competitivo rispetto ad altri, specialmente quello asiatico e cinese.
Tra le follie del PAC, sicuramente sono degni di nota gli obblighi di destinare parte dei terreni a funzioni non produttive e la riduzione forzata dell’uso di fertilizzanti, costringendo così gli agricoltori a far fronte a costi sempre più alti e, allo stesso tempo, a rinunciare ai mezzi migliori per produrre.
La situazione richiede un approccio delicato e comprensivo, considerando fattori diversi e complicati quali l’avvento della digitalizzazione, l’accesso ai mercati globali, la riduzione dell’impatto ambientale e la valorizzazione delle produzioni locali. Gli agricoltori, i governi e le istituzioni europee dovrebbero collaborare per trovare soluzioni sostenibili che garantiscano allo stesso tempo la prosperità del settore agricolo e la salute del pianeta, magari riducendo l’intrusione pubblica nelle economie private.
In questo contesto, la voce degli agricoltori è fondamentale. Ascoltarli, comprendere le loro sfide e lavorare insieme per un futuro agricolo migliore è essenziale per la sostenibilità non solo dell’Europa, ma dell’intero Occidente.