10 febbraio: c’è un prima, un dopo e un adesso

fonte: https://www.federesuli.org/2025/02/10/10-febbraio-ce-un-prima-un-dopo-e-un-adesso/

Il 10 febbraio 1947 è una data che con il Trattato di Pace firmato dall’Italia a Parigi fa da spartiacque nella storia della frontiera adriatica. C’è un prima del 10 febbraio 1947, con una comunità italiana autoctona che nel corso dei secoli si è consolidata nei centri urbani e nella fascia costiera, è fiorita sotto le insegne della Repubblica di Venezia, ha scoperto la sua identità opponendosi alle politiche di snazionalizzazione e di contrapposizione tra nazionalismi fomentate dall’Impero austro-ungarico e ha visto coronare gli ideali patriottici ed irredentisti con la vittoria nella Prima guerra mondiale. Ma questa comunità è stata poi travolta dai progetti espansionistici della nascente Jugoslavia comunista, che ha diffuso il terrore ed attuato l’epurazione politica degli oppositori del regime di Tito: furono le foibe, le deportazioni e l’attentato dinamitardo di Vergarolla, che fece strage di famiglie su una spiaggia domenica 18 agosto 1946.

C’è un dopo il 10 febbraio 1947, rappresentato da un confine che toglie all’Italia gran parte delle conquiste fatte a costo di enormi sacrifici nella Grande guerra, attraversa Gorizia, lascia in sospeso Trieste e vede optare per la cittadinanza italiana e quindi per l’esodo il 90% dei nostri connazionali dell’Istria, di Fiume e di Zara. 350.000 esuli e in precedenza circa 10.000 persone eliminate nelle varie ondate di stragi delle foibe e con diverse modalità, ma comunque soprattutto a conflitto finito, mentre il resto d’Italia celebra la Liberazione dal nazifascismo come se avesse vinto la guerra. Mutilazioni territoriali e decine di migliaia di profughi mal si conciliano con una vittoria, comincia quindi a venire occultata questa storia ed il 26 ottobre 1954 l’euforia per il ritorno dell’amministrazione italiana a Trieste fa dimenticare che un altro lembo d’Istria è passato sotto controllo jugoslavo, come verrà definitivamente ratificato nell’indifferenza generale dal Trattato di Osimo 50 anni fa.

Ma per fortuna c’è un adesso, in cui l’istituzione del Giorno del Ricordo ha nell’arco di 20 anni reso di pubblico dominio ciò che avvenne nella Venezia Giulia, a Fiume ed in Dalmazia nella fase finale della Seconda guerra mondiale e nel dopoguerra, ma si sta anche diffondendo la consapevolezza che la comunità nazionale italiana ancora presente in quelle terre ha radici profonde, che si dipanano dall’arena di Pola e si sviluppano nelle chiese, nelle mura e nei palazzi dominati dal leone marciano. Sempre più studenti studiano queste vicende e compiono i Viaggi del Ricordo per toccare con mano i luoghi della storia. Iniziative come il Treno del Ricordo ed il film Rai “La bambina con la valigia” portano in tutta Italia ricostruzione storica ed emozioni, testimonianze ed immagini forti.

E c’è un adesso in cui la Capitale Europea della Cultura condivisa tra Nova Gorica e Gorizia abbatte definitivamente quel muro di confine che era incardinato nella cortina di ferro e riporta a nuovo splendore Piazza della Transalpina, da cui partiva la rete ferroviaria proiettata verso la Mitteleuropa. Dall’agorà di Atene al foro romano, la piazza è in Europa il luogo della politica e del confronto, della convivenza e dell’incontro tra culture diverse, ognuna con le proprie specificità che riconosce e rispetta le peculiarità dell’interlocutore. Su questa base si consolida un’Europa che ha condannato i totalitarismi del Novecento e promuove la collaborazione tra popoli che si sono affrontati dell’era degli opposti nazionalismi. Gorizia e la frontiera adriatica rappresentano uno scrigno di storia che diventa esempio per l’Europa. (Renzo Codarin Presidente Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati)

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