Von der Leyen: armiamoci e partite

Giancarlo Giorgetti sa usare il pallottoliere meglio di altri e per questo avvisa che seguire Von der Leyen sulle spese per il riarmo implica, per l’Italia, spendere una settantina di miliardi di euro. Più o meno il valore di tre finanziarie, tanto per capirci.

Il pragmatismo lombardo non manca al Ministro dell’Economia che si chiede se sia realistico spendere 800 miliardi di euro in armamenti, ma soprattutto dove trovare una simile cifra.

Il probabile futuro cancelliere tedesco, Friedrich Merz, è andato oltre e a promesso di spendere 500 miliardi di euro nel prossimo decennio per consentire al suo Paese di tornare ad essere la forza trainante del Vecchio Continente. Alcuni timonieri della politica europea all’improvviso si svegliano e suggeriscono di trasformare le fabbriche di automobili in fabbriche d’armi. Non si vendono auto elettriche? E noi costruiamo carri armati, cannoni, mitragliatrici.

Dispiace ammetterlo, ma nella testa delle attuali leadership inglese, francese e tedesca, seppure con modalità diverse, permane il tarlo di una visione del mondo (“Weltanschauung”, per dirla alla tedesca) che sia organizzato in modo da salvaguardare innanzi tutto i loro interessi.

Il britannico Starmer, nonostante si siano molto ridotte le risorse che il suo Paese succhiava ai 56 Stati riuniti nel Commonwealth (ricchezza comune), è convinto di essere ancora al vertice di una potenza mondiale. Il francese Macron, intriso di “grandeur” (è dal 1815 che i francesi perdono guerre e dalla Prima e Seconda guerra mondiale sono sopravvissuti grazie agli eserciti alleati), ritiene di poter garantire la difesa del Vecchio Continente con 200 testate nucleari. Il tedesco Merz, erede della cancelliera Merkel che per anni ha fatto prosperare la Germania per il basso costo del gas russo, s’è messo in testa di tornare a guidare l’Europa anche a dispetto e contro gli Stati Uniti. Come dare torto a De Gaulle quando diceva che amava tanto la Germania da volerne due?

Abbiamo una Von der Leyen che spara cifre a capocchia sul riarmo. Se si documentasse non farebbe brutte figure perché i dati smentiscono le sue affermazioni.

Lo scorso anno – fonte Nato – gli Stati Uniti hanno speso per la difesa 876 miliardi di dollari, la Cina 291, la Russia 86, l’India 81, mentre gli alleati europei hanno raggiunto i 450 miliardi, 33,5 dei quali, pari all’1,68 del Pil, versati dai contribuenti italiani.

Non è difficile capire che non si tratta di aggiungere altri soldi per riarmarsi, ma di spendere in modo oculato quelli già stanziati e raccolti. Il vero problema da risolvere è armonizzare le spese che già oggi sostengono i 27 Stati dell’Unione.

Non è possibile lasciare nelle mani di sprovveduti mestieranti della politica decisioni che competenti militari – loro, sì –sarebbero in grado di prendere a vantaggio di milioni di cittadini. Va anche sgombrato il campo da una narrazione che persiste e che tiene in permanente stato di paura gli europei. Un copione già visto: prima con la pandemia ed ora con il timore di una guerra nucleare fatta scoppiare da Putin.

A chi giova alimentare il panico di un rinnovato imperialismo russo? Cerchiamo di essere seri. Il Presidente russo ha avuto problemi nel reclutare giovani per il suo esercito, tanto che ha dovuto rastrellare reclute nelle zone periferiche del Paese ed affiancarle con contingenti nordcoreani.

Il Cremlino e la società russa non tollerano di essere messi in un angolo o peggio, come qualcuno ha immaginato potesse accadere dopo il crollo sovietico, di essere smembrati in piccoli staterelli.

I cittadini russi, come quelli delle società occidentali, vogliono il benessere e, grazie anche alle risorse del sottosuolo del loro immenso territorio, intendono goderselo senza versare sangue. Con semplici scambi commerciali la Russia può raggiungere livelli stratosferici di ricchezza. La pace preme più al Cremlino che a Bruxelles, stando almeno a ciò che sta accadendo in questi tempi sotto i nostri occhi.

Perché Londra e Parigi hanno spinto Kiev a fronteggiare Mosca? Perché Biden ha alimentato la guerra consapevole fin dal 2017 (in un video spiega che la Russia non avrebbe tollerato l’Ucraina nella Nato) che Mosca avrebbe reagito a missili occidentali installati a pochi chilometri dai propri confini?

Qui c’è qualcuno che “ciurla nel manico”. Si parla troppo di guerra per coprire la marea di voci che si alzano per inneggiare alla pace. Von der Leyen, con la scusa dell’urgenza, sta cercando di estromettere il Parlamento per far decidere al Consiglio dell’Ue più investimenti in armamenti; e la stessa ha il coraggio di chiamare Putin e Trump due autocrati. Il mondo al contrario, per dirla alla generale Vannacci.

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