Conferenza Episcopale Italiana solidarietà e sviluppo ma non crede all’autonomia

Insieme. La parola d’ordine della Conferenza Episcopale Italiana in merito al tema dell’autonomia differenziata non potrebbe essere più chiara. L’organismo dei vescovi esordisce  nella sua disamina sottolineando “il dovere e la volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d’Italia, per promuovre un autentico sviluppo di tutto il paese”.  Parole definite “molto attuali anche oggi in cui si discutono le modalità di attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, secondo quanto consentito dal dettato costituzionale” Sviluppo e solidarietà, afferma la Cei, devono intrecciarsi.

“Ci dà particolare forza- prosegue la nota della Cei- l’esperienza di sinodalità delle nostre chiese , grazie alla quale stiamo crescendo nella capacità di camminare insieme come comunità cristiane e con i territori e la comunità civile del paese”.  La Cei evidenzia anche la centralità del principio di sussidiarietà evidenziando come “ogni volta che sussidiarietà e solidarietà si scindono si impoverisce il tessuto sociale ,  o perché si promuovono singole realtà senza chiedere loro di impegnarsi per il bene comune, o perché si rischia di accentrare tutto a livello statale senza valorizzare le competenze dei singoli”.  Il tema forte diventa così, per la Cei, “il benessere di ogni persona, della comunità , dell’intero paese” mentre occorre ad avviso dei vescovi contrastare “qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie”.

E in tal senso, dice la Cei, “il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata prevista dall’articolo 116 terzo comma della Costituzione rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni che è presidio al principio di unità della Repubblica”. Un rischio che, aggiungono i vescovi, “non può essere sottovalutato , in particolare alla luce delle diseguaglianze già esistenti”.

La Cei cita don Luigi Sturzo facendo riferimento agli sviluppi del sistema delle autonomie che non può “non tenere conto dell’effettiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale”. Alle istituzioni, quindi, la Cei rivolge alla fine l’appello “affinchè  venga siglato un patto sociale e culturale”, come si legge nell’Evangelii gaudium., “perchè si incrementino meccanismi di sviluppo, controllo e giustizia sociale per tutti e per ciascuno”.

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