Pietro Fiocchi: l’Europa che vorrei

Un anno difficile per l’Italia, che ha saputo distinguersi in Europa affrontando numerose battaglie nel Parlamento Europeo su temi come gli imballaggi, l’etichettatura, le case green, la caccia e l’astioso tema del lupo.

L’eurodeputato lecchese Pietro Fiocchi, gruppo Conservatori e riformisti, guardando all’anno che sta per finire ha rilasciato alle redazioni di Resegoneonline, Comolive, Valtellinanews e Vareseinluce un’intervista sul lavoro svolto e gli obiettivi raggiunti dal suo Gruppo con uno sguardo al nuovo assetto che spera possa delinearsi con le prossime elezioni che si svolgeranno a Giugno 2024.

Immigrazione, difesa, packaging, case green, salute pubblica. Siamo a fine anno ed è tempo di bilanci. I risultati ottenuti la soddisfano?

Dopo un inizio molto negativo, a causa di un approccio ideologico ambientalista, finalmente la Commissione e il Parlamento hanno ammorbidito le loro posizioni, da considerare anche l’impatto generato dalla guerra Ucraina, in cui l’Europa si è trovata dipendente da tutto, non solo per il gas russo, ma anche per il grano, le sementi, i fertilizzanti, le batterie per i microchip, i pannelli solari, il litio, il cobalto, il nickel. Negli ultimi due anni abbiamo vinto diverse battaglie, con un approccio di buon senso e pragmatismo, bilanciando la tutela dell’ambiente con gli interessi economici e la tutela dei posti di lavoro.

Le misure messe in atto dall’Europa in campo ambientale avranno un impatto reale sull’ambiente?

Purtroppo avranno un impatto limitato sull’Europa e nullo sul pianeta. Per fare un esempio significativo, l’Europa è responsabile per il solo 6% delle emissioni globali per cui, se raggiungessimo l’obbiettivo di zero emissioni, il pianeta non sentirà quasi l’effetto dell’Europa. Per non parlare del fatto che imporre regole stringenti e costose ai produttori europei avrà solo l’effetto di mettere in difficoltà i nostri produttori e di aumentare le importazioni da Paesi terzi che non hanno gli stessi standard economici, sociali e ambientali dell’Europa. Il rischio è quello di importare carne piena di ormoni e antibiotici, grano pieno di pesticidi vietati in Europa e prodotti che hanno causato disastri ambientali nelle nazioni esportatrici.

L’Europa nel 2024 riuscirà ad attuare una politica ecologica pragmatica o permarrà un’idea di ecologia ideologizzata?

Abbiamo grandi speranze che il nuovo Parlamento e la nuova Commissione siano più pragmatici e modifichino le direttive e i regolamenti, tenendo conto delle questioni economiche, dei posti di lavoro e dell’impatto totale del ciclo a livello planetario e non solo Europeo.

A Bruxelles, Fratelli d’Italia, siede tra i banchi dell’Ecr (Conservatori e Riformisti). Quanto successo ha avuto la spinta di isolare i partiti di centro destra considerati anti-europei?

Sicuramente il gruppo ID (Identità e Democrazia) ha sperimentato una certa forma di isolamento, ma laddove ha potuto, ha dato comunque un contributo valido in molti dossier critici. Per quanto riguarda Ecr, i successi ottenuti nell’ultimo anno dimostrano la capacità di inserirsi e di lavorare sui contenuti, creando alleanze trasversali, sia trans-partitiche che trans-nazionali.

In Italia si discute di infrastrutture. Rispetto ad altri Paesi europei qual è la situazione?

L’Italia sconta un forte ritardo dal passato non solo per quanto riguarda le infrastrutture, ma anche per quanto riguarda la digitalizzazione e la creazione del network di ricarica delle auto elettriche. Oggi però grazie all’ottimo ed efficace lavoro del ministro Raffaele Fitto sul PNRR abbiamo la speranza di poter colmare rapidamente questi ritardi infrastrutturali.

Perché l’Europa non si è ancora data una Costituzione?

L’Europa è partita bene, con l’adozione dell’Euro e la libera circolazione delle merci, dei servizi e delle persone. Ma deve superare due ostacoli importanti, prima di parlare di Costituzione e di un’Europa Federale sulla falsariga degli Stati Uniti d’America. Il primo è la Costituzione di un vero mercato unico Europeo, che ora non esiste per le grosse differenze di imposizioni fiscali e di regole tra i vari Stati Membri. Il secondo è quello di avere una politica estera comune che guardi all’Europa come un continente forte ed autorevole.

Di difesa comune si parla da 70 anni, ma nulla è stato fatto per realizzarla. Chi o che cosa ne impedisce la creazione?

Purtroppo, per avere un esercito Europeo, bisogna prima avere una strategia di politica estera comune, cosa che non esiste al momento. Pensiamo a cosa è successo in Libia con tutte le conseguenze sul tema dell’immigrazione. Pensiamo alla Germania che ha dato circa 8 miliardi di euro alla Turchia, in cambio del blocco delle migrazioni dei Siriani, ma che allo stesso tempo non ha interesse ad aiutare l’Italia e la Grecia sui migranti africani.

Elezioni europee 2024, i partiti di centro-destra riusciranno a governare uniti in Europa?

Se si riuscisse sarebbe un bell’obiettivo trovare le condizioni per una maggioranza con il Ppe (Partito popolare europeo) ed Ecr che ci consentirebbe di affrontare le problematiche europee con un approccio più equilibrato, con una sensibilità più moderata, in grado di coniugare emergenze e buonsenso, ripudiando ideologismi dannosi e lavorando con più realismo per il bene comune.

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