Pubblichiamo omelia del vescovo di Como, cardinale Oscar Cantoni, nella solennità del Sacro Cuore. Il cardinale Oscar Cantoni, alle ore 20.30, presiede la Santa Messa e la processione cittadina, nel Santuario del Sacro Cuore (Opera don Guanella) di Como.
“La festività odierna ci porta immediatamente, con la mente e con il cuore, a un luogo speciale, Paray le Monial, in Francia, dove il Sacro Cuore si è manifestato a una monaca della Visitazione, santa Giovanna Maria Alacoque, nel 1673. Qui sono in corso, in questi giorni, le celebrazioni per il 350esimo anniversario della prima apparizione ed è stupefacente l’accorrere a questo santuario da ogni parte della Francia secolarizzata, segno di una riscoperta della vita cristiana, fondata sulla centralità di Cristo, crocifisso e risorto, e del suo amore per noi.
Un’altra notizia consolante è l’annuncio, dato durante l’udienza generale di mercoledì scorso, di un prossimo documento di papa Francesco sul culto del Sacro Cuore per meditare sugli aspetti dell’amore del Signore che possono illuminare il cammino del rinnovamento spirituale della Chiesa e della intera umanità, ma anche che dicano qualcosa di significativo a un mondo che sembra aver perso il cuore, incapace di tenerezza e di compassione.
La vocazione di ciascuno di noi a seguire Gesù non è altro che una risposta personale a Colui che per primo ci ha amati, ha preso l’iniziativa di chiamarci alla sua sequela, al di là dei nostri meriti. È sempre opportuno che ciascuno richiami a sé stesso la domanda inattesa di Gesù a Pietro, dopo il suo tradimento: “Mi ami tu?” in questo modo ci sentiremo richiamati al nostro primitivo amore.
La festività di oggi ci obbliga a domandarci sulla qualità della nostra risposta all’ amore preveniente, essendo l’amore una realtà dinamica, che si sviluppa continuamente. Richiede infatti, da parte nostra, una precisa volontà che rinnova l’alleanza con il Signore. Può anche però capitare di retrocedere, cioè di ridurre il rapporto interpersonale a una semplice routine, che dà per scontato questa nostra speciale relazione, prima ancora e al di là di ogni nostro impegno per Lui, dentro la comunità cristiana.
Viene opportuno, come attuale, il richiamo del detto: “Chi non brucia non incendia“. Chi non è infiammato d’amore personale e sempre rinnovato per il Signore, non è in grado di annunciare e testimoniare efficacemente l’amore ricevuto.
Ai cinque diaconi che domani mattina saranno consacrati presbiteri ho detto loro che le anime vanno conquistate innanzitutto con la nostra personale santità. Sono attratte dal nostro coinvolgimento interiore per Lui e dalla passione per l’evangelizzazione, prima ancora di qualsiasi altro insegnamento che possiamo e dobbiamo loro offrire. Il popolo di Dio, infatti, ha un “fiuto speciale” per individuare immediatamente la qualità e la intensità del nostro amore di pastori per il Signore. Sa distinguere chi ripete una dottrina da chi annuncia con decisione e slancio come la sua vita sia stata radicalmente trasformata da un libero incontro personale con il Signore risorto e quali effetti produca ancora oggi la nostra comunione con Lui e con i fratelli che Dio ci dona.
Come cristiani abbiamo il compito di “annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo“, ce lo ha ricordato san Paolo nella seconda lettura, ossia la possibilità di entrare sempre più profondamente in relazione personale con il Signore Gesù, il quale, mediante il suo Spirito, ci permette una progressiva intimità con Lui. Si tratta per ciascuno di un mai compiuto cammino di avanzamento, frutto del Signore che si rivela a chi lo cerca con tutto il cuore, una conoscenza amorosa che cambia anche la nostra relazione con gli altri, amati teneramente come figli o fratelli e sorelle, tutti accolti e mai giudicati.
Ancora oggi Gesù Cristo non è amato dalla maggior parte degli uomini del nostro tempo perché non è conosciuto e noi, suoi discepoli, facciamo troppo poco per presentarlo come il Signore e il Salvatore del mondo, la luce vera che illumina ogni uomo. Noi tutti abbiamo il dolce compito di condurre gli uomini del nostro tempo a una profonda amicizia con il Signore e tra di noi. Le pecore si fideranno della voce del Signore solo se li avremo aiutati a riconoscere in lui la presenza di un amico. Proprio attraverso di noi chi cerca Dio (e sono tanti!) può giungere alla gioia della fede, alla certezza di essere amati da Dio, dal suo cuore misericordioso. Sentiamo impegnati con la parola e con le opere ad annunciare l’amore del Signore. Poi lo Spirito Santo farà il resto!” Oscar cardinal CA
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