Nella bufera della guerra

Valerio De Cesaris nel libro “Nella bufera della guerra” edizioni San Paolo, parla degli eventi che seguirono al 1939, anno in cui ebbe inizio la Seconda Guerra Mondiale così come il Pontificato di Pio XII.

Quando Pio XII iniziò il suo Pontificato l’ombra della guerra si era già diffusa sull’Europa con l’invasione della Polonia da parte di Hitler; le leggi razziali in Germania come in Italia avevano visto l’opposizione della Santa Sede, posizione che fu totalmente ignorata.

Lo sterminio degli ebrei era l’anticamera del nuovo mondo nazista dove si esaltava la purezza della razza ariana che doveva essere raggiunto con lo sterminio delle razze ritenute inferiori.

Di fronte a tutto ciò il silenzio di Pio XII non fu una scelta inconsapevole ma una vera e propria strategia politica della Santa Sede durante la guerra.

Tutto questo ha portato ad accesi dibattiti contesi a favore e contrari all’atteggiamento di Papa Pacelli durante la Seconda Guerra Mondiale.

Occorre precisare che l’apertura degli archivi vaticani nel 2020 ha consentito di ricostruire con maggior precisione quelle vicende.

La scelta del silenzio voluta da Pio XII aveva lo scopo di proteggere i cattolici e le opere della Chiesa dall’invasione nazista così come la possibilità di dare asilo e protezione ai rifugiati grazie ad un tacito compromesso con i belligeranti.

La “politica dell’imparzialità” prevalse anche se con un giudizio negativo sulla guerra e con la necessità di affermare il carattere sovrannazionale della Santa Sede duramente provato dai nazionalismi.

Nonostante ciò non si può ricordare l’importanza della “denuncia” delle persecuzioni razziali a cui rinunciò la chiesa che avrebbero avuto un alto valore morale.

Papa Pacelli scelse la via della prudenza politica, della diplomazia anziché quella della testimonianza che avrebbe di certo scosso le coscienze.

Allontanando ogni ipocrisia sarebbe ingenuo pensare che una decisa presa di posizione della Santa Sede avrebbe potuto cambiare la storia delle deportazioni e avrebbe di contro esposto i cattolici a rappresaglie.

Un pronunciamento del Papa a difesa degli ebrei, come già detto, non avrebbe cambiato la loro sorte ma avrebbe avuto un significato inequivocabile nell’affermare che i cattolici non avevano nessuna giustificazione nel dare sostegno alle persecuzioni antisemite.

Una condanno da parte di Papa Pacelli non avrebbe potuto fermare il genocidio ma avrebbe avuto la forza della testimonianza, anche profetica, incoraggiando i cristiani a vincere la paura e l’indifferenza.

Per questi motivi la scelta del silenzio comprensibile per alcuni nelle motivazioni e per altri ritenuto un comportamento inaccettabile continuerà nel tempo a suscitare interrogativi.

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