Approvata dall’Aula a scrutinio segreto la mozione proposta dal gruppo Lega, prima firmataria Silvia Scurati, in cui si impegna la Giunta regionale a sollecitare il Governo e il Parlamento ad adottare iniziative legislative volte ad introdurre misure che vietino l’utilizzo di tutti quegli indumenti che possano coprire il volto come burqa o niqāb nei luoghi e negli edifici pubblici, dando piena attuazione alla delibera n. X/4553 del 2015 di Regione Lombardia.
Nel testo si rinnova l’invito ai Comuni ad assicurare il rispetto di tali norme presso gli edifici di proprietà comunale e a fare in modo che la normativa sia applicata in modo equo e proporzionato, senza discriminazioni e solo per giustificati motivi di sicurezza e di tutela dell’ordine pubblico, nel pieno rispetto della legislazione e della giurisprudenza italiana ed europea.
Respinto invece (31 voti contrari, 30 favorevoli e 1 astenuto) il punto tre che, a seguito di un emendamento proposto da Maira Cacucci (FdI) e accettato dalla proponente Scurati, invitava il Governo a valutare l’estensione del divieto dell’uso del velo in tutti gli ambienti scolastici per le minorenni. Il testo originale chiedeva invece “di estendere il divieto di copertura del volto e del capo con burqa, hijab, khimar, jilbab, niqab e chador in tutti gli ambienti pubblici in particolare scolastici”.
Due le motivazioni portate a favore della mozione da Silvia Scurati (Lega) che ha illustrato i contenuti del documento: da un lato la sicurezza che viene messa in pericolo dall’impossibilità di identificare con chiarezza le persone e dall’altro la difesa del principio di autodeterminazione delle donne e delle ragazze. “Si tratta – ha precisato Scurati – di un tema trasversale a tutte le forze politiche come dimostrano le numerose dichiarazioni contro il burka di esponenti del centrosinistra”.
Sullo stesso tema, discussa e respinta dall’Aula la mozione del gruppo PD, primo firmatario Pier Francesco Majorino, in cui si affermava che “nessuno può imporre alle donne come vestirsi, sia esso uno Stato, una Regione, una famiglia, singoli individui o altro”, ribadendo la centralità dei diritti delle donne e della loro autodeterminazione e invitando il Governo a garantire la piena applicazione della legislazione vigente.
Nel dibattito sono intervenuti:
Carmela Rozza (PD) che, illustrando il testo proposto dal PD, ha sottolineato che “le istituzioni devono offrire strumenti per liberarsi da condizionamenti familiari o sociali che ne limitino la libertà di scelta senza criminalizzare le culture diverse dalla nostra”.
Giulio Gallera (Forza Italia) ha apprezzato la scelta di focalizzarsi sulla possibilità di identificare le persone garantendo così la sicurezza. “Fin qui siamo tutti d’accordo – ha proseguito Gallera – occorre però focalizzarci non sulle proibizioni ma sul lavoro educativo, dialogare con le famiglie e le autorità religiose delle comunità straniere”. A nome del suo gruppo Gallera ha chiesto di ritirare entrambe le mozioni e in subordine di cancellare il punto 3 dove si fa esplicito riferimento ad indumenti tipici della cultura e religione islamica.
Luca Paladini (Patto Civico) ha affermato di ritenere che il testo proposto dalla Lega sia sottilmente islamofobo. “Dobbiamo lasciare a chiunque la libertà di abbigliarsi come meglio si ritiene, non vietare ma lavorare per l’integrazione culturale”.
Martina Sassoli (Lombardia Migliore) ha sostenuto che la Legge 152/1975 è una buona legge e che non bisogna fare confusione tra garanzia di riconoscibilità e tematiche religiose o etniche legate a specifici indumenti. “La mozione Scurati – secondo Sassoli – inserisce tra gli indumenti proibiti anche il chador che non copre il volto, quindi riteniamo la mozione strumentale e non accettabile.”
Anche Nicola Di Marco (Movimento 5Stelle) ha definito la mozione della Lega “un’iniziativa propagandistica. Si chiede di tutelare le bambine musulmane e contemporaneamente si rifiuta di concedere la cittadinanza italiana ai ragazzi figli di immigrati nati in Italia. Sarebbe meglio ritirare questa mozione, alla quale sicuramente voteremo contro.”
Luca Ferrazzi (Misto) ha rilevato alcune contraddizioni nei testi proposti. In particolare Ferrazzi ha definito il testo proposto dalla Lega “incostituzionale” in quanto non si possono vietare indumenti legati ad una cultura o religione specifica.
Anche Lisa Noja (Italia Viva) ha contestato la cultura di fondo sottesa al testo della Lega. “Da questo documento sembra che chi porti il burka sia potenzialmente più pericoloso di chi si copre il volto con un casco o con un fazzoletto. Il tema della sicurezza – ha proseguito Noja – è usato strumentalmente per portare avanti una polemica anti-islamica che non può trovare posto in una legge”.
Contrari Onofrio Rosati (Alleanza Verdi Sinistra) perché “la legislazione vigente è più sufficiente a garantire la riconoscibilità delle persone e la sicurezza della collettività” e Michela Palestra (Patto Civico).
Pier Francesco Majorino (PD) si è detto disponibile a ritirare il proprio testo a patto che la Lega facesse altrettanto: ciò al fine di avviare un dibattito più ampio sul confronto tra culture diverse, sulle azioni per tutelare il diritto all’autodeterminazione delle donne.
Favorevoli Davide Caparini e Alessandro Corbetta (Lega) che hanno ribadito che va garantita la parità dei diritti “mentre il burka porta all’annientamento della personalità”. “È un abominio” ha sottolineato Caparini. Nel suo intervento il Presidente della Commissione Bilancio si è rivolto in modo particolare agli alleati del centrodestra “che vedo titubanti. Dobbiamo garantire la sopravvivenza della nostra cultura e della nostra società basata sui diritti delle persone e sulle radici giudaico-cristiane”.
Favorevoli al testo emendato anche Luca Marrelli (Lombardia Ideale), Nicolas Gallizzi (Noi Moderati) mentre Fabrizio Figini (Forza Italia) ha annunciato che sul punto 3 il proprio gruppo non avrebbe partecipato al voto.
Per la Giunta è intervenuto l’Assessore alla Sicurezza Romano la Russa che ha ribadito in apertura il diritto di ciascuno di vestirsi come meglio ritiene salvo specifiche circostanze. “Non possiamo – ha proseguito La Russa – imporre l’integrazione con la forza ma non si può neppure accettare che le donne, soprattutto le bambine, vengano obbligate a coprirsi integralmente nell’ambito scolastico”.