Che democrazia esporta Bruxelles?

Stupisce e desta perplessità quanto sta accadendo al candidato di centrodestra alla presidenza in Romania, Calin Georgescu. Rilasciato, dopo essere stato per alcuni giorni in prigione, è accusato dalla Magistratura rumena di abusi nel finanziamento della campagna elettorale, di sostegno a gruppi fascisti e di altri reati. Gli è stato vietato di fare campagna elettorale sui social e soprattutto di apparire in televisione. Lo scorso anno aveva vinto il primo torno nelle elezioni poi annullate.

Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha espresso un severo giudizio su Georgescu definendolo antieuropeo e filo putiniano. Entrato in politica a 62 anni dopo una lunga carriera in diplomazia, Georgescu è stato votato da due milioni di elettori.

Anche se i giornali del mainstream l’hanno passata sottotraccia, è molto grave la notizia dell’arresto – e il conseguente azzoppamento a fini politici – del Candidato del centro-destra rumeno perché conferma che nei vertici dell’Unione europea s’annidano finti democratici. Se non la si pensa come chi governa a Bruxelles si è tolti di mezzo, anche con le maniere forti. Spetta ai vertici dell’Unione dare la patente di democrazia. Più che conformismo qui si tratta di totalitarismo.

A minacciare la libertà dei popoli europei non sono Trump e Putin, che stanno ridisegnando buona parte del mondo occidentale chiudendo conflitti armati, ma politici come il francese Emmanuel Macron, l’inglese Keir Starmer e il prossimo cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha già annunciato 200 miliardi di euro in nuovi armamenti.

Sembra un paradosso, ma l’Europa vive sotto la cappa dell’Unione europea che, giorno dopo giorno, assomiglia sempre più al Leviatano di Hobbesiana memoria: una burocrazia mostruosa che asfissia i cittadini privandoli delle loro tradizioni, di atavici costumi e soprattutto osteggiando i loro profondi convincimenti religiosi.

I burattinai del globalismo ideologizzato (leggi oligarchia illuminata) stanno usando i loro burattini di Bruxelles perché vadano a prelevare dalle tasche dei cittadini europei i soldi necessari a costruire un esercito europeo; si parla di 500/700 miliardi di euro.

Domanda: ma chi dovrebbe comandare un eventuale esercito europeo e chi sarebbero gli aggressori contro i quali esso si dovrebbe scagliare?

Che facciamo, noi italiani, ci affranchiamo dagli Usa per metterci sotto la cappella Ue a guida franco-tedesca? Siamo davvero convinti che, nella malaugurata ipotesi di doverci difendere non si sa da chi, le Forze armate franco-tedesche sarebbero più efficienti di quelle statunitensi?

Guardiano in faccia alla realtà: due potenze coloniali al tramonto fin dallo scorso secolo, Francia e Inghilterra, insieme alla Germania, Paese uscito con le ossa rotte dall’ultimo conflitto mondiale, possono competere con Stati Uniti e Russia?

Si diano una calmata e tornino nel mondo reale questi politicanti dell’Unione europea al servizio dell’agenda globalista davosiana.

I popoli del Vecchio Continente non vogliono la guerra e, nonostante siano costretti a subire la narrazione dell’aberrante ideologia woke, resta saldo in loro il desiderio di pace insito in quel diritto naturale, inscalfibile, che è consustanziale ai valori giudaico-cristiani ancora fortemente sentiti.

Da tempo studiosi ed eminenti personalità, pontefici compresi, hanno previsto il fallimento dell’Unione Europea perché non costruita su solide radici religiose e culturali, ma basata su egoistici interessi economici viziati da una finanza speculativa fine a sé stessa.

È scorretto ed è una sesquipedale bugia accusare Trump e Putin di sfasciare l’Europa. È nel cuore della democratica Svizzera, da Davos, dove s’è irradiata la metastasi che affligge il Vecchio Continente e l’Occidente.

Occorre un intervento chirurgico urgente per estirpare il tumore ben segnalato anche dal vicepresidente statunitense, J.D. Vance, nel suo chiaro discorso a Monaco. I popoli europei s’affrettino ad usare il bisturi.

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