La leadership di Giorgia Meloni fa soffrire Mario Draghi

«La leadership franco-tedesca si è indebolita ma non vedo altre leadership che sono emerse capaci di dirigere l’Europa verso un futuro comune. C’è un vuoto di leadership, ma bisogna avere pazienza e attendere i risultati delle elezioni tedesche. Poi ne riparleremo. La Commissione europea avrà molto più funzione di guida per l’Europa. Se l’Europa andrà più in direzione sovranista come si porrà di fronte alle necessità di percorrere una strada dove solo l’integrazione di alcune aree permette quel salto di qualità che l’Europa chiede perché sopravviva dal punto di vista economico?». Questo, in sintesi, l’intervento dell’ex premier, Mario Draghi, in occasione del conferimento del Premio Ispi 2024.

Va dato atto all’ex Primo ministro di essere rimasto coerente con la visione – e ancor più gli interessi – di quel mondo di tecnocrati dell’alta finanza in cui è cresciuto (è stato vicepresidente della banca d’affari americana, Goldman Sachs) e che, con grande impegno e abnegazione, ha aiutato a crescere.

Dello sconquasso generato dalla crisi economica e politica che attanaglia Germania e Francia, Draghi coglie l’aspetto preoccupante mettendo in evidenza, esplicitamente, il fallimento della leadership di Olaf Scholz e di Emmanuel Macron, ma si guarda bene dal riconoscere che Giorgia Meloni è il vero e unico leader, almeno in questa fase, in grado di fare uscire l’Europa dalle secche in cui si trova.

La Presidente del Consiglio italiano ha dimostrato di essere molto accorta in politica estera (con qualche altro ministro avrebbe ottenuto risultati più lusinghieri anche in quella interna) tanto da ottenere la stima, sia dell’uscente presidente statunitense Biden, sia dell’entrante Trump.

Giorgia Meloni non può piacere a Mario Draghi perché è votata a governare con il consenso del popolo, mentre il Finanziere concepisce la politica (e il governo) come un affare dove pochi assumono decisioni e la massa ne prende atto adeguandosi con le buone o con le cattive. Ecco perché al Tecnocrate di Goldman Sachs piacciono molto Ursula Von der Leyen, Macron o il canadese Justin Trudeau, convinti esecutori dell’agenda del Worl Economic Forum ai cui contenuti egli stesso s’è spesso ispirato.

La visione del mondo che ha Meloni coincide molto di più con quella di Trump che con quella di Biden. Quest’ultimo è stato paladino del Deep State, che ha fortemente contrastato l’ascesa al potere del Primo ministro italiano; quel medesimo Deep State che Trump ha già mostrato di voler ridimensionare se non eliminare. Un esempio tra i tanti: la tremenda pagina del Covid-19 che ha contribuito, nel 2020, a far perdere le elezioni a Trump.

Oggi sappiamo delle gravi responsabilità nello sviluppo della pandemia addebitate all’immunologo Antony Fauci che, licenziato da Trump, è stato graziato da Biden. A che pro salvare l’Immunologo se non si fosse reso responsabile di gravissimi reati per i quali è prevista una lunga pena detentiva? Aveva visto bene Trump ad allontanarlo, mentre Biden s’è l’è preso come consigliere per la Salute.

Molti avversari politici di Trump coincidono con quelli di Meloni: la sinistra liberal, lo strapotere economico di Big Pharma e di altre multinazionali, l’Oms, gran parte dell’establishment mediatico, il mondo dello spettacolo (cantanti, attori, registi, produttori etc.).

Draghi percepisce che l’Europa e l’euro si stanno sgretolando e teme che le imminenti elezioni tedesche rafforzino l’ascesa di Afd, il partito di centro destra che potrebbe dare una spallata definitiva alla cultura woke, imposta dal Deep State. Avverte cioè il preludio di un’inversione a 180 gradi – in pratica il ribaltamento – delle politiche che in questi ultimi 35 anni hanno favorito le élite di cui fa parte. Logico che vi si opponga e che finga di non accorgersi che in Europa esiste una leadership italiana autorevolmente espressa da Giorgia Meloni. Se ne farà una ragione tra qualche mese quando Donald Trump avrà cominciato a dare sostanza alla sua azione di governo?

didascalia: Giorgia Meloni – Presidente del Consiglio

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