La selezione della classe dirigente politica è un tema serio. La Chiesa l’ha avvertito fin da Leone XIII che, non a caso, con l’enciclica Rerum Novarum (15 Maggio 1891) ha posto le fondamenta della Dottrina sociale cristiana in gran parte dedicata proprio alla questione del corretto agire nella gestione della cosa pubblica.
Nella Messa di domenica 21 Luglio, come è accaduto anche in altre occasioni in passato, i fedeli sono stati chiamati a pregare «per i capi di Stato, gli uomini di governo e gli amministratori della cosa pubblica: non abusino del loro potere, ma vivano le loro responsabilità con atteggiamento di servizio verso tutti e specialmente i più deboli».
L’insistenza della Chiesa per illuminare le menti di chi governa trova origine nell’essenza stessa del cristianesimo che ha come epicentro l’uomo. Il credente sa che Gesù Cristo s’è incarnato per l’umanità, per redimere il suo simile: l’uomo.
Da tale convinzione scaturisce l’interesse di stimolare gli uomini che hanno potere sui loro simili perché mettano le loro competenze a servizio e per il bene di questi ultimi. Il presupposto perché ciò accada sta nella qualità (e coscienza) di chi assurge all’apice della piramide di comando; e qui, viene da dire, casca l’asino.
Eh, sì, perché, purtroppo, a finire nelle stanze dei bottoni arrivano spesso persone che non hanno a cuore il bene di chi amministrano, ma sono molto sensibili al proprio tornaconto. Già il politologo tedesco Max Weber (1864-1920) aveva messo in luce la distinzione tra chi vive “per” la politica e chi vive “di” politica.
Dato per scontato che alla prima categoria appartengono persone naturalmente votate ad occuparsi della cosa pubblica, il vero problema è riuscire a normare, in qualche modo, coloro che appartengono alla seconda.
Ciò che manda in crisi le democrazie sono anche gli appetiti di quelle clientele che naturalmente si formano attorno a chi vive “di” politica. Così le aziende municipalizzate, per citare un esempio tra i tanti, diventano spesso faraoniche greppie per assicurare consensi elettorali.
Che siano bene o male amministrate poco conta perché il loro scopo è garantire voti. Probabilmente il sottobosco politico potrebbe essere sfoltito, a beneficio di milioni di cittadini, se una semplice leggina consentisse solo due mandati per tutti i livelli istituzionali: comuni, province, regioni e parlamento.
Un terzo mandato potrebbe essere consentito dopo l’interruzione di una consiliatura o legislatura. Insomma, campare esclusivamente “di” politica dovrebbe essere consentito a statisti veri. Occorre quindi creare dei meccanismi virtuosi per disincentivare l’attività di politicanti nullafacenti, sostanzialmente ostili al lavoro perché fondamentalmente inetti.
Per creare una cultura politica nobile si dovrebbe tornare a quella educazione civica di base, che sapientemente veniva impartita agli scolari delle scuole elementari da maestri rispettosi delle istituzioni, prima che lo sciagurato Sessantotto facesse salire in cattedra arruffapopoli e ideologi arrabbiati. Avremo modo di riparlarne.
Didascalia foto: Max Weber, politologo tedesco (1864 – 1920). Immagine da Wikipedia