L’Ue a trazione franco-tedesca ha fatto tanti disastri

Non si placano le polemiche sull’accusa agli europei di essere “parassiti”, mossa dal presidente Trump. Ad onor del vero già altri autorevoli esponenti politici statunitensi avevano espresso un simile pesante giudizio, come l’ex presidente Barak Obama che aveva definito “scrocconi” gli abitanti del Vecchio Continente.

È da tempo che in America, indipendentemente dalle amministrazioni democratiche o repubblicane, serpeggia l’insofferenza per i costi della sicurezza assicurata ai vari popoli europei.

Il ragionamento è semplice e ineccepibile: il contribuente americano si chiede perché una parte delle tasse che paga devono essere spese per la sicurezza degli europei.

Ecco perché è sempre più insistente, al limite della minaccia, la richiesta di Trump ai Paesi che fanno parte della Nato di contribuire con maggiori stanziamenti al suo mantenimento.

Gli osservatori più acuti hanno però compreso che le definizioni “parassita” e “scroccone” sono prevalentemente rivolte a inglesi e francesi, ma ancor più ai tedeschi.

In particolare Washington non tollera più favorire l’ascesa economica di Berlino, che ha goduto della propria sicurezza senza spendere un euro, ha tratto ingenti vantaggi da una incontrollata esportazione e ha imposto le proprie regole in Europa.

Per tutelare i propri interessi ora la Germania potenzia l’industria degli armamenti. Non si vendono più automobili? Nessun problema; i tedeschi cambiano la costituzione e in un battibaleno convertono le fabbriche di vetture in stabilimenti militari.

Sullo sfondo però riemergono quei fantasmi che dalla fine della seconda guerra mondiale sembravano essersi dissolti e che spingono a temere il riarmo della Germania.

Un senso d’inquietudine non pervade solo l’ Italia. La domanda che molti si pongono è: va bene potenziare la difesa, ma chi ci minaccia?

Non occorre avere una laurea in economia per capire che il governo tedesco è preoccupato di garantire l’occupazione a migliaia di metalmeccanici dell’industria dell’auto pesantemente in crisi.

Vacillando l’assioma «Se si ferma la locomotiva tedesca, si ferma l’Europa», la Germania perde la leadership in Europa.

Anche nel nostro Paese cresce il numero di coloro che si ricredono dopo avere constatato dove siamo arrivati con una Ue a conduzione franco-tedesca e con una Von der Leyen che imperversa dal 2019.

Così anche cittadini comuni cominciano ad interrogarsi perché l’Unione europea abbia appoggiato l’ideologia woke, che è agli antipodi dei loro più profondi valori; perché abbia favorito una disordinata immigrazione; perché abbia distrutto l’industria dell’automobile; perché abbia permesso che si accentuasse il divario economico tra Paesi (si pensi al livello di vita di un greco rispetto a quello di un tedesco); ma soprattutto perché non abbia impedito che l’Ucraina fosse coinvolta in un conflitto, che mai avrebbe dovuto cominciare e perché ora arrivi a smentire sé stessa, favorendo il debito, per costruire armi.

Che siano state prese decisioni dissennate non è un sospetto, ma una certezza. L’Ue, nata per evitare le guerre, ora si attrezza nella convinzione di essere attaccata dalla Russia. Qualcuno a Bruxelles è arrivato a sostenere che qualora fosse anche raggiunta la pace in Ucraina, i russi saranno sempre nemici.

È ora di smetterla di prendere in giro le persone e pensare che i popoli siano solo masse da manovrare.

I vertici dell’Ue hanno fallito ed è auspicabile che possano essere rimossi. Se Londra (rientrata in Europa solo per fare guerra alla Russia), Parigi e Berlino mostrano insofferenza per l’attuale Amministrazione statunitense, Roma non si allinei a loro. Senza ambiguità e nell’interesse dei propri cittadini renda ancor più solido il rapporto con Washington.

didascalia: immagine creata da I.A. Grok

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