Macron vincitore? Sì, come Pirro

A cinque giorni dalle elezioni in Francia proviamo a fare qualche ulteriore riflessione sulle conseguenze emerse dal voto. L’innaturale alleanza tra il centro di Macron e il fronte popolare di sinistra ha impedito alla destra lepeniana di prevalere.

Di fatto essendosi l’elettorato diviso in tre parti a Macron non resta che trovare un accordo con la sinistra, che però pretende di imporgli una serie di misure che, se attuate, peserebbero moltissimo sul bilancio dello Stato che, come quello italiano, non gode di buona salute.

È facile pretendere per ogni francese, come sostiene Jean-Luc Mélenchon, capo del Partito di Sinistra, un salario minimo di 1.600 euro al mese, un pochino più difficile assicurarlo. Imporre tasse è sempre possibile (ricordiamo tutti molto bene il governo del nostro Monti, tecnocrate nominato senza elezione, in 48 ore, dal presidente Napolitano), ma dissiparle in spese correnti è un delitto.

Da che mondo è mondo i governi di sinistra, di stampo populista o radical chic, hanno sempre sperperato le risorse faticosamente messe insieme dalle classi medie composte da artigiani, piccoli e medi imprenditori, impiegati pubblici e privati; insomma dalle classi produttive del paese (il ceto medio borghese)

I governi ispirati al marxismo non sono mai stati in grado di produrre ricchezza, ma hanno sempre preteso di dividerla fino ad espropriare quel poco che c’era, in nome del bene collettivo.

Negli anni del comunismo imperante nell’Urss (Unione delle repubbliche socialiste sovietiche) la nomenclatura legata al partito godeva di dacie e di automobili, mentre il popolo sopravviveva tra stenti e miseria.

Ecco, il modello della sinistra francese, con cui Macron s’è alleato per impedire alla Le Pen di vincere, sì ispira al principio apparentemente umanitario “togliamo ai ricchi per dare ai poveri” quasi ad evocare, falsamente, le gesta del popolare Robin Hood.

Il capolavoro macroniano però è stato fatto sul piano della sicurezza. Gridando contro il fascismo lepeniano il Presidente francese non s’è accorto del ben più preoccupante antisemitismo militante della sinistra con cui ora deve fare i conti.

Fuori dai denti: se appartenessimo alla comunità ebraica oggi non ci sentiremmo tranquilli. C’è poi un altro aspetto che pochi osservatori hanno denunciato. Avere fermato la Le Pen ha dato ulteriore forza alla “gauche” che è favorevole all’immigrazione.

Questo significa che non si arresterà l’islamizzazione dell’Europa. La destra francese è l’unica che, nel Paese, s’è sempre battuta contro l’immigrazione selvaggia appoggiata da equivoci personaggio come Soros, finanziatore di Ong e movimenti votati ad accogliere clandestini musulmani di ogni parte del mondo.

Macron, come Pirro, re dell’Epiro: ha vinto una battaglia, ma ha distrutto il Paese. Non ne pagherà comunque le conseguenze perché ben protetto da quella nomenclatura a cui appartiene insieme a Trudeau, Lagarde, Von der Leyen, Draghi, per citare i nomi più noti.

Nomenclatura di tecnocrati che fedelmente esegue le direttive di quel Deep State statunitense minacciato dall’irruenza di un contrastato Trump, che però gode della fiducia di milioni di americani agli antipodi di quella elitaria cultura hollywoodiana che pretenderebbe di rappresentare l’intera America.

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