Il Comune di Como acquisisce tre opere dell’artista comasco Bruno Bordoli (1943). La donazione da parte dell’artista andrà ad arricchire la collezione contemporanea della Pinacoteca civica. I tre dipinti fanno parte della fase più matura della sua produzione artistica e coprono un arco temporale di trent’anni: Cielo stellato (1990), Just now (Proprio ora, 2000, polittico in cinque parti) e La morte tra la gente (2020).
In Cielo stellato, dipinto nel 1990, l’immagine della realtà lacustre locale perde le caratteristiche naturalistiche; la marcata elaborazione formale e coloristica induce all’allontanamento del contesto visivo reale ed all’accentuazione dei caratteri emozionali della scena, che evoca quindi spazi e tempi onirici e simbolici. Just now fa parte delle opere realizzate a partire dal 1999 denominate “serie o polittici”, costituita ciascuna da un numero contenuto di tele, “parti” che vengono accorpate in composizioni onnicomprensive e preordinate, così da contrarre o espandere i singoli temi, resi interdipendenti o “possibili” dal tema suggerito dal titolo generale dell’opera. La morte tra la gente, del 2020, è stato dipinto nell’anno della diffusa grande instabilità emotiva causata dalla pandemia covid-19 e, a livello personale, della morte del caro amico Philippe Daverio. L’immagine dipinta, densa di simboli e citazioni, allude alla fragilità umana che oscilla tra il senso di caducità e la tensione verso uno stato di eternità.
Nato nel 1943 a Porlezza, in provincia di Como, Bordoli cresce al di fuori degli ambienti accademici, formandosi da autodidatta e partecipando attivamente all’ambiente artistico ed espositivo sin dalla seconda metà degli anni Sessanta. Philippe Daverio, nel volume Bruno Bordoli. Con Anima (Fondazione Gruppo Credito Valtellinese, 2014) lo definisce “un fuori pista, un fuori moda, un fuori consenso. Un provocatore serissimo dall’aspetto mansueto. Un rivoltoso celato nella tranquillità della vita lacustre lombarda. Un anarchico carico di fede ma avulso da ogni tipo di voglia propagandistica. Un dedicato”.
Durante la sua lunga carriera – oltre sessant’anni di attività e oltre diecimila opere realizzate – Bordoli parte dalla propria individualità per giungere all’esplorazione di temi, sentimenti e misteri intimi ed universali. Nelle sue opere, “il colore espressivo, il segno marcato, la pennellata sciolta vanno a rappresentare un mondo interiore, benché ispirato alla realtà circostante”, sostiene Daniele Astrologo Abadal nel medesimo volume. “La verosimiglianza, l’alta fedeltà visiva non lo interessano. Il mondo circostante funge da veicolo per esplorare la dimensione interiore. Un mezzo consapevole per fissare un’iconografia che dà ampio spettro della sua immaginazione. I soggetti trovano ispirazione dal paesaggio, dalle letture, dalle credenze popolari trasmesse per via orale, dalla vita di ogni giorno a contatto con i mass media e nella solitudine creativa, che prende forma con il lavoro, nel proprio studio”.
Sono due i grandi filoni pittorici a cui si lega l’arte di Bruno Bordoli: Espressionismo e Surrealismo, da intendersi, però, come sostiene Daniele Astrologo Abadal “nelle loro possibili declinazioni, dai fauves alla metafisica per proseguire con l’Espressionismo astratto e la nuova figurazione selvaggia”. Tanti furono i maestri di riferimento, tra cui Giorgio de Chirico, James Ensor, Emil Nolde, Edvard Much, Chaïm Soutine e Francis Bacon. Bordoli rifiuta i canoni, la classicità ma lo fa, come afferma Philippe Daverio, “dopo il susseguirsi delle tragedie e dopo il sovrapporsi delle onde successive delle avanguardie, quando ormai la metodologia di queste s’era talmente sdrucita da diventare conformista e da correre ad insegnare il proprio verbo nelle accademie che inizialmente aveva combattuto”. E ancora: “Bordoli riparte da sotto lo zero storico (…). Tenta di ritrovare l’espressione al di là dell’espressionismo, di rivalutare il segno al di qua dei formalismi. Ed inizia così la sua avventura personale che si farà avventura spirituale (…). E il percorso verso il difficile, verso l’ignoto si fa percorso nei meandri dell’anima”.
Sulla donazione e la conseguente selezione delle opere si è espressa la Commissione di valutazione delle proposte di donazione di opere d’arte per le collezioni civiche – recentemente costituita, e composta da Veronica Vittani, responsabile e curatrice della Pinacoteca con Francesca Testoni, esperta di arte contemporanea, da Elena Di Raddo, docente di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Bruno Fasola, docente di Storia dell’Arte dell’Accademia di Como Aldo Galli e Lorella Giudici, docente di Storia dell’Arte Contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. L’accoglimento di questo lascito, che va ad aggiungersi alle ultime donazioni di opere di Badiali, Prina, Radice, Sartoris, Collina e Bernasconi, incrementa il filone contemporaneo delle collezioni civiche e testimonia la crescente attenzione verso i musei cittadini, quali istituti di riferimento per la valorizzazione del patrimonio storico artistico e la sua trasmissione alle future generazioni.
Biografia Bruno Bordoli
Nato a Porlezza (Como) nel 1943, inizia a dipingere nel 1965 e a esporre con regolarità dal 1967. A un linguaggio di matrice espressionista-figurale e successivamente espressionista-astratto, si aggiunge negli anni ‘80 una sorta di misticismo laico reso stilisticamente mediante la contrapposizione e contaminazione formale e contenutistica tra immagini desunte dall’esperienza sensibile e immagini generate da un altrove extrasensoriale. Nascono quindi opere nelle quali, sulla via tracciata da Goya (“Pitture nere” della Quinta del Sordo), Ensor, Munch, Nolde, dal boemo Alfred Kubin e da Bacon, il dato visivo della realtà diviene mezzo per una ricognizione dei percorsi dell’oscuro, dell’impalpabile, del non evidente della coscienza individuale. Dagli anni ‘90 la sua pittura, mediante l’accorpamento tematico in cicli o serie di opere, tende ad indagare e percorrere eventi e vicende con immagini disturbate e disturbanti, allusive a narrazioni visionarie e a volte dolorosamente autoreferenziali. Dal 1974 al 1980 si dedica anche al collage con carte ove sperimenta la decontestualizzazione e l’ambiguità dell’immagine.
Nella sua attività espositiva, di particolare sono rilievo le mostre personali al Museo Diocesano di Milano, al Museo Della Carale di Ivrea, al Credito Valtellinese Sondrio – Acireale – Fano, alle Gallerie Il Salotto e la Colonna di Como, alla Galleria Studio 10 di Chur, alla Galleria Mosaico di Chiasso e alla Galleria Blanchaert di Milano, al Museo Pagani di Castellanza; alla Facoltà di teologia dell’Università di Lugano e nello spazio espositivo di S. Pietro in Atrio di Como.
Tra le mostre collettive, invece, si ricordano nel 2020 The Last Supper Recall alla Galleria Credito Valtellinese, Refettorio delle stelline di Milano (con Warhol, Spoerri, Avalle e Festa), Del Colore E Della Luce al Museo D’arte Sacra di Camaiore (2019), Quel Che Resta Del Cielo alla Galleria Juttner di Vienna (2006), Bordoli–Gyalai–Valsangiacomo – Torre al Tempio Calvinista a Debrecen in Ungheria (2002). Ha anche preso parte a Arte Fiera 86 a Bologna (1986).
Dal 1972 illustra numerosi testi letterari, tra i quali ricordiamo: 1984 (G. Orwell, 1984), Ragazzi di vita (P. P. Pasolini, 1994), I promessi sposi: capp. IX e X (A. Manzoni, 2002) e La Divina Commedia: Inferno (D. Alighieri, 2006).
Tra il 2010 e il 2016 produce un notevole gruppo di opere che interpretano tutti i libri della Bibbia, Antico e Nuovo Testamento. Nel 2017 termina il ciclo sul Cammino di Santiago, da lui percorso nel 2012.