Ricordando il Papa dei trentatré giorni

Riflessione di Mons. Ettore Malnati, già vicario episcopale per il laicato e la cultura della Diocesi di Trieste, su Papa Luciani (Canale d’Agordo, 17 ottobre 1912 – Città del Vaticano, 28 settembre 1979), noto come il Papa dei trentatré giorni.

Nell’anniversario della pia morte del beato Giovanni Paolo I e a breve distanza dalla conclusione della Settimana Sociale dei Cattolici, tenutasi a Trieste, è forse utile ricordare l’impegno di Luciani a favore dei problemi riguardanti il mondo del lavoro.

Il vescovo Albino Luciani, proveniente da una famiglia modesta e dove il padre aveva dovuto più volte lasciare i suoi a Canale e recarsi a guadagnare il pane per sé e per la famiglia all’estero, conosceva bene le difficoltà sia dei lavoratori dei campi che delle fabbriche, che degli emigranti. Questa sensibilità la portò sempre con sé.

Luciani ebbe per questo anche un’ attenzione privilegiata per la Dottrina Sociale della Chiesa, partendo dal grande vescovo Ketteler e ovviamente dal Magistero sin dalla prima enciclica di Leone XIII la Rerum Novarum. Proprio nel settantesimo anniversario della magistrale enciclica, da Vescovo di Vittorio Veneto venne invitato il 7 maggio 1961 a commemorare il documento nella cittadina di Pieve di Soligo, patria di Giuseppe Toniolo, e dove vi è la sua tomba.

Luciani non dimenticò che Toniolo fu coinvolto nella preparazione della Rerum Novarum e che vedeva il lavoro alla stessa stregua del capitale, ponendo così proprietà e lavoratore in una sinergia sociale a beneficio di entrambi, stemperando il conflitto che veniva posto dalla posizione marxista

Sull’importanza dell’ applicazione dei principi della dottrina sociale della Chiesa il Vescovo di Vittorio Veneto parlò alla sua gente nell’ omelia del pontificale del giorno dell’Assunta nel 1961 nella cattedrale di Vittorio prendendo l’occasione della pubblicazione dell’ enciclica Mater et Magistra di Giovanni XXIII, dove tra l’altro si afferma che “la dottrina sociale della Chiesa fa parte del Catechismo, è Catechismo aggiornato. E il catechismo bisogna conoscerlo, farlo conoscere e soprattutto cercare di metterlo in pratica”

Luciani fece suo questo atteggiamento, proprio della dottrina sociale della Chiesa, nella triste circostanza della “lotta dei mezzadri” che richiedevano il superamento del trattamento della mezzadria per avere degna retribuzione del loro lavoro e dignità alle loro famiglie. Già nel 1960 vi fu una grande mobilitazione nelle Province venete ed anche in campo nazionale per la revisione del Patto colonico. Si trattava di offrire una soluzione che superasse quel “vassallaggio” che teneva intere famiglie alla mercé delle condizioni dei proprietari terrieri che, direttamente o indirettamente, tenevano legate queste alla “proprietà”, con condizioni realmente di sfruttamento e i lavoratori della terra senza una concreta prospettiva per migliorare la loro condizione sociale ed economica.

Anche nel trevigiano gli scioperi si facevano sentire. Il 15 settembre del 1961 i dirigenti sindacali della Cisl chiesero di incontrare Luciani dopo essere stati dal Vescovo di Treviso mons Antonio Mistrorigo, che non approvava il metodo degli scioperi2 e le proteste della CISL di essere stata esclusa dalla Coltivatori diretti alla firma per la revisione del Patto colonico che non aveva favorito le istanze dei mezzadri.

Al vescovo Luciani venne presentato il disappunto per la non accoglienza di ciò che chiedevano i mezzadri nella revisione del Patto colonico e i dirigenti CISL gli chiesero come procedere nella questione dei mezzadri.

La risposta di Luciani : “Sono convinto che la strada tracciata dalla CISL per i mezzadri sia quella giusta; ricordatevi però che la vostra responsabilità è grande perché migliaia di famiglie attendono da voi la soluzione ai propri problemi”3. Inoltre Luciani aggiunse: “Bisognerebbe esortare i cattolici a iscriversi alla Coltivatori Diretti”4 in quanto la presenza dell’ assistente ecclesiastico offriva certo garanzie dal lato religioso, “ma….un’organizzazione che rappresenta i padroni non può nello stesso tempo tutelare gli interessi dei mezzadri stessi…. In merito all’azione sindacale Luciani è stato esplicito nell’ affermare che un cattolico iscritto alla Cisl (e non può essere diversamente) quando il suo sindacato responsabilmente dichiara lo sciopero oppure promuove forme di lotta atte ad alleviare le condizioni sul piano morale economico e sociale dei lavoratori, se non partecipa attivamente sbaglia e tradisce la propria coscienza e i fratelli di lavoro ; il cattolico deve fare lo sciopero”.

Il primo novembre 1966, in occasione della Festa del Ringraziamento, inviò un messaggio agli agricoltori che poi avrebbero avuto il loro momento di preghiera a Pieve di Soligo la domenica 6 novembre. In questo messaggio, che si apriva giustamente con una riflessione spirituale e teologica, il vescovo Luciani fece una analisi socio-economica dove affermò che certo “il mondo è progredito molto ….. Ora la maggior parte degli uomini si orienta prima di tutto verso i servizi, poi verso l’industria, poi verso l’agricoltura. Col progredire del benessere infatti si vede che gli uomini aumentano di numero nel settore dei servizi, calano leggermente nel settore dell’industria, calano molto nel settore agricolo. E’ fatale! Ma è necessario che la classe agricola continui ad avere un alto peso nelle sorti dell’umanità. Per questo occorre da una parte amare il lavoro della terra che è nobile e grande, dall’altra battersi per il reddito annuo, le scuole, i servizi, il prestigio e l’influenza sociale. La classe agricola e perlopiù moralmente e civilmente sana, ricca di benemerenze. Deve avere un altro peso nelle sorti dell’umanità”.

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