“Lontani dal voler alimentare allarmismi ma, a prescindere dal risultato delle analisi sul sospetto caso di meningoencefalite delle zecche in relazione al camoscio rinvenuto in Val Gerola, viviamo una situazione che non ci tranquillizza affatto. Quella dei selvatici fuori controllo è una situazione grave, unitamente alla conferma della presenza di branchi di lupi nel settentrione lombardo e alle crescenti predazioni: riteniamo sia imperativo tutelare il futuro di agricoltura e allevamento nelle zone montane o collinari, ovvero quelle più sensibili e a rischio di abbandono. Il presidio degli alpeggi e delle aree più periferiche non può prescindere dalla presenza dei giovani allevatori che ne tutelano il territorio e, con la loro cura, prevengono quei gravi dissesti idrogeologici che, invece, si verificano – anche sul territorio – nelle aree dove la presenza delle aziende agricole è assente o minore. Siamo più che disposti a un confronto ma la soluzione va trovata”.
Così Sandro Bambini, presidente di Coldiretti Sondrio a proposito della situazione di predatori e selvatici sul territorio, mentre continuano a ripetersi danni e aggressioni ai capi di bestiame nelle province del settentrione lombardo.
“Importante è la presenza dei giovani che si dedicano all’allevamento e alla transumanza, da qualche anno elevata a patrimonio dell’umanità” sottolinea Bambini. “Un risultato, questo, che deve impegnare e responsabilizzare ognuno, nei rispettivi ruoli, per garantire futuro e sopravvivenza a queste imprese, che si trovano a fronteggiare non pochi problemi “operativi” come quello, appunto, della fauna selvatica a più riprese ha colpito anche i pascoli in quota. Le riunioni e le assemblee tenute da Coldiretti sul territorio hanno evidenziato la priorità di intervenire sul tema selvatici e va assolutamente riconosciuta l’azione di tutela e presidio del territorio svolta dalle imprese che operano in altura: grazie a loro, ci sono vita e futuro assicurati sia per la montagna, sia per la ruralità che ne è tipica: mi riferisco, innanzitutto, a una tradizione casearia antica e unica al mondo, così come alla necessità di preservare la biodiversità anche in ambito zootecnico. Ma il problema riguarda un po’ tutti i comparti agricoli delle nostre valli”.