Si alza la tensione sociale in Serbia e nella Repubblica Srpska

Generale Giuseppe Morabito membro del Direttorio della NATO Defence College – In Serbia non si assisteva a una protesta simile da moltissimi anni. Sabato scorso, almeno centomila persone, tra cui moltissimi studenti, sono convenuti a Belgrado per manifestare contro il presidente Aleksandar Vučić e la sua gestione del governo.

Da giorni il governo stesso aveva messo in guardia l’opinione pubblica che tale manifestazione sarebbe stata orchestrata per far scoppiare una “guerra civile”e tentare un colpo di mano. La minoranza parlamentare aveva dichiarato che esisterebbero piani occulti per arrestare i principali rivali politici del presidente (cosa che ricorda quanto appena avvenuto in Turchia dove il Sindaco di Istanbul e principale avversario governativi di Erdogan è stato arrestato con motivazioni risibili).

La protesta a Belgrado si è mantenuta toni perlopiù pacifici, senza importanti scontri di piazza se non con alcuni giovani radunati in un parco vicino al Parlamento. Le proteste hanno avuto un precedente nello scorso novembre, quando il crollo di una pensilina in una stazione ferroviaria appena ristrutturata, ha causato la morte di 15 persone. Gli studenti hanno iniziato a chiedere trasparenza nell’attribuzione di eventuali responsabilità, l’incriminazione dei funzionari coinvolti e il licenziamento dei ministri competenti.

Il primo ministro Milos Vucevic ha annunciato le sue dimissioni alla fine di gennaio ma l’Assemblea nazionale non ha ancora ratificato le dimissioni e Vucevici rimane al suo posto.

Il vero potere in Serbia è nelle mani di Vucic, che insiste nel dire che non lascerà l’incarico e non cederà a ricatti e non permettera’ che la protesta di piazza apra ”un futuro orribile per questo paese”.

Vucic ha descritto le proteste studentesche come “ben intenzionate”. e ha avuto parole meno lusinghiere per i partiti di opposizione, etichettandoli come membri di un “cartello criminale”.

I leader dell’opposizione affermano che elezioni libere non sono attualmente possibili a causa del dominio del Partito Progressista, al governo, sui media e sulle istituzioni statali.

Attenzione va anche posta oltre la IEBL (Inter etnic border line) che divide in due la Bosnia. In questi ultimi giorni l’assemblea nazionale della Republika Srpska della Bosnia controllata dalla maggioranza serba ha adottato la bozza della nuova costituzione della Repubblica, presentata dal presidente della repubblica autonoma, Milorad Dodik, che include articoli che violerebbero la costituzione della Bosnia Erzegovina nella sua interezza.

I procuratori di stato bosniaci mercoledì avevano ordinato l’arresto di Dodik e dei suoi collaboratori per aver ignorato una citazione in giudizio per aver presumibilmente tentato di minare la costituzione della Bosnia. La Repubblica Srpska , come noto, è un’entità all’interno della Bosnia ed Erzegovina separate di fatto dalla IEBL.

Il mese scorso, un tribunale bosniaco ha condannato Dodik a un anno di prigione e gli ha vietato la politica per sei anni per le sue attività separatiste e per aver sfidato le decisioni dell’Alto rappresentante internazionale che supervisiona gli accordi di Dayton del 1995.

Quell’accordo aveva posto fine a una guerra radicata etnicamente che è durata più di tre anni e ha visto morire almeno 100.000 persone.

Dodik ha respinto il mandato di arresto, dicendo, nel capoluogo regionale di Banja Luka, che era motivato politicamente e che avrebbe chiesto alla Russia di porre il veto a un’estensione della presenza dell’EUFOR, la forza di mantenimento della pace dell’Unione Europea in Bosnia.

In un’intervista di giovedì, l’avvocato di Dodik, , ha detto che Dodik non riconosce né la corte bosniaca né l’ufficio del procuratore di stato, e quindi non ha bisogno di una difesa legale.

“Non credo che ci sarà l’arresto di Dodik” e ha aggiunto che “Il signor Dodik non collaborerà, né nominerà il suo team di difesa, perché non considera legittimo il procedimento.

Appare palese che la Bosnia ha bisogno che questa crisi costituzionale, legale e politica sia immediatamente disinnescata per ogni conflittualità.

Nenad Stevandic, presidente dell’assemblea nazionale della Repubblica Srpska e stretto alleato di Dodik, ha denunciato le mosse contro la repubblica autonoma controllata dai serbi come un attacco all’ordine costituzionale.

Nel frattempo, a Washington, alcuni membri del Senato USA hanno invitato il Segretario di Stato Marco Rubio ad agire per impedire un ulteriore deterioramento in Bosnia.

Gli Stati Uniti avevano imposto sanzioni a Dodik e alla sua “rete di patronato” nel 2023 e di nuovo a gennaio di quest’anno.

I durante un viaggio a Jeddah, in Arabia Saudita (problema molto più grande da affrontare, quella ucraino) alla domanda se gli Stati Uniti stessero prendendo in considerazione “qualsiasi azione punitiva contro Dodik”, Rubio ha detto che l’amministrazione Trump non voleva vedere la Bosnia divisa.

“L’ultima cosa di cui il mondo ha bisogno è un’altra crisi, e ne abbiamo parlato”, ha detto Rubio che è stato abbondantemente chiaro indicando che “qualsiasi differenza possa esserci internamente, ciò non può portare alla disintegrazione di un paese e non può portare a un altro conflitto”.

Gli esperti dei Balcani sostengono che le azioni di Dodik e dell’assemblea nazionale della Republika Srpska rientravano in “operazioni ibride … realizzate su richiesta della Federazione Russa e della Serbia … e che quindi ci troviamo davanti ad una situazione davvero pericolosa in cui si sta cercando di mostrare e provare che la sopravvivenza della Bosnia Erzegovina non è possibile come stato democratico unito”.

Nel mezzo della crescente crisi, da mercoledì scorso sarebbero in afflusso in Bosnia ulteriori forze di peacekeeping europee per rafforzare quelle dell’EUFOR.

didascalia: Generale Giuseppe Morabito membro del Direttorio della NATO Defence College

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