Alessandra Morelli, nel suo recente libro “Verso un’economia della cura. Arte per restare umani” (Àncora , pagg. 126, 14.00 euro), esplora il concetto di cura come pilastro fondamentale per una società più equa e sostenibile.
L’Autrice, che per trent’anni è stata funzionaria dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR), vanta una lunga esperienza nella gestione di emergenze in zone ad alto rischio come quelle di conflitto. Ha lavorato in Paesi come Ruanda, Albania, Kossovo, Indonesia, Georgia, Afghanistan, Somalia dialogando costantemente con funzionari governativi, Nato, Ong internazionali e locali.
Morelli pone al centro del suo metodo di lavoro un principio essenziale: la cura delle persone, che inizia con un profondo senso di responsabilità e rispetto nei confronti degli altri. L’Autrice enfatizza questo concetto chiave come un pilastro fondamentale che ha orientato e sostenuto tutto il suo percorso professionale.
Forte della sua esperienza in campo umanitario, Morelli ci propone una visione in cui la cura, intesa come attenzione all’altro e ai bisogni della comunità, diventa il fulcro di un nuovo sistema economico.
Dal suo libro emerge la proposta di un cambiamento di paradigma: integrare la cura nell’economia potrebbe portare a benefici significativi, non solo a livello sociale, ma anche economico. L’economia della cura si basa sull’idea che il benessere collettivo debba essere al centro delle politiche e delle pratiche economiche.
Il libro è una critica aspra all’attuale sistema economico, basato sulla competizione e sullo sfruttamento, che genera disuguaglianze e marginalizzazione. L’Autrice smonta l’idea che vede l’uomo come un’isola; al contrario lei sottolinea che esso sia intrinsecamente legato e dipendente da altri suoi simili. Siamo parte di una rete di relazioni e la cura è il collante che ci unisce.
Per Morelli essere umani significa essere ispiratori di cambiamento, consapevoli della necessità di guarire le ferite del passato e dell’oggi immaginando un futuro migliore. Un principio, il suo, ispirato alla vita di San Francesco d’Assisi.
Il ruolo di mediatrice le ha fatto comprendere l’urgenza d’interrompere quella perenne ciclicità con cui si ripropone la violenza avendo maturato il convincimento che, aldilà delle variegate differenze culturali, siamo tutti parte di una stessa umanità.
Un aspetto importante che l’Autrice sottolinea è l’ascolto dei litigi, che portano solo a incomprensione soffermandosi però anche a ragionare su come la globalizzazione abbia avuto un ruolo determinante nei conflitti. Il sentimento di appartenenza alla medesima umanità si è indebolito perché ormai ogni individuo si vede come parte di un unico vagone affollato ed ognuno è pronto a scatenare una rissa per esprimere la propria frustrazione. Solo l’ascolto di tutto ciò che accade attorno a noi deve farci riflettere su come ogni conflitto, anche se lontano, finisce per riguardarci e ripercuotersi nella nostra quotidianeità.
Morelli esplora diversi modelli e iniziative già messi in pratica in alcuni Paesi, dimostrando che un’economia più orientata alla cura è possibile e necessaria per affrontare le sfide globali, come le disuguaglianze sociali e la crisi climatica. Il libro invita lettori, politici e imprenditori a ripensare il modo in cui concepiamo il successo economico, suggerendo che la felicità e il benessere delle persone debbano essere al centro delle nostre priorità.
L’Autrice invita a mettere in discussione le nostre convinzioni e a immaginare un futuro diverso, più umano e solidale. Il libro è arricchito con numerosi esempi tratti dall’esperienza dell’Autrice e con storie di persone che, in tutto il mondo, si impegnano a costruire una società più giusta. Alcuni potrebbero trovare la visione di Morelli utopica e difficile da realizzare, ma è anche un’opera che invita a riflettere sul ruolo di esseri umani e sulla società in cui viviamo.